venerdì 12 agosto 2011

David Cameron: "Impedire di comunicare tramite questi siti internet"

Foto di Wired.it
È possibile che l'Inghilterra, un governo democratico repubblicano de facto (monarchia parlamentare), possa mettere in discussione la libertà del web nel 2011? Stando alle dichiarazioni del Primo Ministro David Cameron, pare di sì. L'11 agosto alla Camera dei Comuni effettua uno statement in merito ai disordini della nazione e si sofferma sul ruolo dei social media. "La libera circolazione d’informazioni può essere usata per scopi benefici. Ma può anche essere usata per cattive azioni. E quando le persone usano i social media per scatenare la violenza, dobbiamo fermarli. Perciò stiamo lavorando con la polizia, i servizi d’intelligence e le aziende per capire se possa essere giusto impedire alle persone di comunicare tramite questi siti internet e questi servizi quando sappiamo che stanno organizzando violenza, disordine e atti criminali".
La dichiarazione lascia un po' perplessi, perché ha a che vedere con uno dei fondamentali diritti civili delle persone: quello della libertà di espressione.
Non è originale la volontà dei governi di bloccare l'utilizzo dei mezzi di comunicazione in caso di disordine. Anzi, quella di David Cameron sembra una brutta copia di quant’è successo nei primi mesi di quest'anno nel Maghreb, quando i regimi dittatoriali interruppero le comunicazioni telefoniche e tramite web. In effetti il blocco di tali servizi può creare un pericoloso precedente. Può essere davvero una prerogativa del governo quella di controllare e impedire la libera circolazione di idee? Un'altra domanda, poi, più tecnica.
È davvero possibile bloccare parzialmente un sito come Twitter? E ancora: com’è possibile bloccare le persone di cui si è sicuri che stanno utilizzando tali siti per creare violenze, disordini o atti criminali? Sulla base di quali prove empiriche? Chi sarà a controllare i post e i profili dei presunti criminali? E chi controllerà i controllori? Queste ultime domande se le pone Jim Killock, direttore esecutivo dell'Open Rights Group, dalle pagine del Guardian. "Come si può decidere se una persona sta pianificando di creare dei disordini?". E proprio su Twitter Graham Linehan, irlandese e uomo della tv, lancia una frecciata a David Cameron, scrivendo: “Se la Big Society esiste per cose come il mettere in ordine quello che i riottosi hanno distrutto, ricordatevi che non è grazie a Cameron, è grazie a Internet”. Il riferimento chiaro è al fenomeno che ha susseguito il passaggio delle rivolte: i cittadini si sono dati appuntamento tramite Twitter per organizzare la pulizia delle città.
Già, la Big Society. La community che interagisce grazie al web. Quella stessa comunità che, secondo Russel Brand, è stata sempre negata a queste giovani persone che ora rivoltano. "Liquidarli come stupidi è futile retorica. Dobbiamo chiederci perché stanno accadendo queste cose. Queste persone non hanno senso della comunità perché non ne hanno mai avuta una". E quindi trovano rifugio tra le gang e nella rete. Ma una cosa è certa, e Martin Kettle avverte, sempre dal Guardian: "Dobbiamo parlare ai rioters, non voltargli le spalle".
Chiudere le porte della comunicazione, tentare di riportare l'ordine impartendo il silenzio senza favorire il dialogo non appare una buona soluzione, e la storia, anche recente, ci porta insegnamento in merito. I dittatori che non hanno dialogato con i cittadini e hanno privato della possibilità di comunicare in maniera libera sono caduti. E soprattutto, la volontà di bloccare la Rete da parte di una potenza occidentale è una novità che mette davvero a rischio la libertà della Rete stessa. Quella Rete, bella perché libera.
L'Inghilterra non deve tornare indietro di tre secoli, al 1694, quando la pubblicazione dei testi veniva consentita solo tramite la bolla di una licenza rilasciata dal governo. E soprattutto, l'Europa non deve cadere nell'errore delle dittature africane. Non possiamo permetterci, nel 2011, di mettere ancora in discussione la libertà del web.

giovedì 4 agosto 2011

Transparency, la politica inglese apre le porte ai cittadini

La sezione Transparency 
Transparency è l'area web che permette a tutti i cittadini inglesi di "tener d'occhio" i loro rappresentanti politici e i conti pubblici. Un gesto importante, che rinnova il rapporto di fiducia politici-cittadini. Sono quest'ultimi, infatti, ad aver delegato i primi affinché possano amministrare nel migliore dei modi la cosa pubblica. E ora possono essere controllati, come si dice in gergo, "H-ventiquattro".

Ti ci perdi dentro. È il servizio che tutti i cittadini attenti vorrebbero, o almeno dovrebbero volere, perché ha a che fare, in modo particolare, con i soldi che regolarmente versano per il funzionamento della macchina statale, le entrate fiscali. È made in England. Si accede dal sito internet ufficiale dell’English P.M. Office, che in lingua inglese vuol dire Uffico del Primo Ministro Britannico: www.number10.gov.uk. La sezione specifica del servizio si chiama transparency, “trasparenza”. È costituita da sei sezioni: Business Plans, Who Does What in Whitehall, Who Ministers are Meeting, Government Contracts in Full, How Your money is Spent e Find all Government Data. Si tratta di una finestra virtuale sempre aperta su Whitehall, l’arteria principale di Westminster che è anche sede di numerosi ministeri. Ed è infatti al centro dell’impegno di quest’amministrazione di governo -lo si legge nella descrizione della pagina- una maggiore trasparenza che permetta a tutti di “tenere il conto” dei politici e degli enti pubblici. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
La prima voce offre la possibilità di controllare lo stato di avanzamento dei lavori parlamentari, divisi per Departments e consultabili mese per mese. La seconda racchiude un impressionante volume di dati riguardanti chi fa che cosa nel governo inglese (e quanto viene pagato). Tra le informazioni, consultabili interattivamente mediante mappe navigabili, sono reperibili persino le email e i numeri telefonici di segretari e direttori di ogni ufficio. È possibile verificare chi sta alle dipendenze di chi; i responsabili, gli incarichi e le rispettive funzioni. La terza sezione è fenomenale. E’ possibile avere un resoconto dettagliato circa l’attività di tutti i ministri: incontri, ricevimenti, regali e viaggi oltreoceano. A gennaio 2011, ad esempio, David Cameron ha ricevuto in regalo dal Vice Premier della Cina un vaso, ora tenuto dal Dipartimento, il cui costo supera le 140 sterline. Non sono stati effettuati regali, invece, da parte del Primo Ministro tra gennaio e marzo 2011. Selezioniamo un incontro con il mondo giornalistico e l’editoria, tra i tanti: a maggio 2011, quello con Dominic Mohan, giornalista del Sun, per una discussione generale. O a luglio 2011, quando tocca a Fraser Nelson (uno “Spectator”), per un’intervista. Ma si può sapere persino dove fosse Cameron il 27 gennaio 2011: a Brentford. Il 14 dello stesso mese invece era a Newcastle. Insomma, i cittadini possono controllare le attività di tutti gli uomini del governo. Ma la sezione più interessante è la quarta, la più meritevole di attenzione da parte dei cittadini inglesi che pretendono di diritto di sapere come i loro “amministratori pubblici” gestiscono i loro soldi.  Prendiamo, ad esempio, i dati del Ministero della Difesa riguardanti il mese di gennaio: un centinaio di voci riguardano soltanto le specifiche spese di acquisto scorte e servizi. La stessa precisione e trasparenza vale per il Dipartimento per l’educazione, della Salute e tutti gli altri. Tutti i conti sono consultabili dai cittadini. L’ultima sezione permette di conoscere qualsiasi dato riguardante tutti i ministeri e i dipartimenti, compresi i servizi. 
Il fatto che tutti questi dati siano resi pubblici da parte del governo è una risposta non da poco, che denota serietà e lealtà nei confronti dei cittadini.
Questa politica di trasparenza è forse soltanto il frutto della tradizione delle buone maniere inglesi? È una cortesia che viene direttamente dal numero 10 di Downing street (che, ci tengono a sottolineare, consuma il 100% della sua energia da fonti rinnovabili)? No. È una rinnovata concezione del rapporto politica-cittadini. Il campo dei diritti di ogni persona si estende al controllo dei dati delle spese e delle attività che il proprio Stato produce. È un diritto, non un servizio facoltativo, una cortesia. Per una maggiore chiarezza dei conti. È l’esempio lampante della politica che apre le porte dei palazzi e dà il benvenuto ai visitatori.
Per ora è divertente perdersi dentro i tabulati inglesi e andare a snocciolare i precisissimi dati riguardanti ogni aspetto del funzionamento dello Stato, in attesa che anche i politici italiani rispondano in ugual modo ai concittadini che bussano alla loro porta.