domenica 31 ottobre 2010

Caro Ministro Maroni, come andiamo?

E' stata la mia prima possibilità di dialogo con una persona importante e a contatto diretto con la realtà di cui si parlava nella sede dell'incontro: Poter domandare al ministro degli Interni Roberto Maroni quale sia la sua visione dell'operato di tutto il governo in tema di legalità e lotta alla criminalità organizzata è stato davvero molto interessante.
Specialmente per il fatto che mi è stato possibile esprimere anche opinioni riguardanti le scelte operate nel corso della legislatura. E ho fatto notare questo: "Tenendo ben presente gli ottimi risultati riportati dal suo operato nel corso di questa legislatura, frutto del suo impegno personale e della collaborazione tra lei e i corpi della magistratura e dell’ordine pubblico, appare sempre più evidente a livello governativo una netta linea di separazione delle volontà tra chi, come lei, si adopera per fare sì che il bene della cosa pubblica, e di conseguenza dei cittadini, venga preservato in maniera assoluta e incondizionata dai mali che si incarnano nella criminalità organizzata, nella Camorra, nella ‘Ndrangheta, in Cosa Nostra, in Stidda e quant’altro e chi, (peraltro andando contro al suo lavoro), tenta di incagliare il corretto svolgersi delle operazioni attraverso votazioni che prevedano tagli alle forze predisposte per il contrasto di questa criminalità organizzata, o ancora che prevedano annullamenti di reati (penso allo scudo fiscale: lì non c'era la tracciabilità dei pagamenti), sospensioni dei giudizi o anche innalzino impedimenti e neghino autorizzazioni a procedere nei confronti di indagati eccellenti pur coinvolti in vicende di reato gravi.

Mi viene da pensare al recente esempio di Nicola Cosentino.

Ecco, analizzando questa linea separativa mi viene da chiedere a lei come si possa sentire un Ministro in una situazione come questa, per la quale si corre il rischio che il buon operato di taluni venga, per così dire, “infangato” dalle gesta di altri.

E ancora: sarà possibile ottenere una totale coerenza a livello governativo riguardo a determinati aspetti importanti? Cioè: è possibile che in tema di lotta alle mafie, tutti possano seguire un unico esempio di operosità positiva volto all’assoluta vittoria dell’onestà sulla disonestà?"

La risposta di Maroni mi è piaciuta e non mi è piaciuta.

Ho apprezzato il fatto che abbia ripreso ogni singolo punto da me sollevato, tentando di dare una risposta completa, ma spesso sorvolava su punti essenziali e non arrivava al nocciolo della situazione.

Ha cominciato con il ricordarmi che nella nostra Costituzione non è più prevista l'immunità parlamentare ma il giudice non può procedere nelle indagini qualora un membro del Parlamento esprimi opinioni (e soltanto opinioni) nell'ambito del suo ruolo parlamentare.

Ovvero, se Roberto Maroni dovesse dare del mafioso a una persona quest'ultima potrebbe denunciarlo per diffamazione. Maroni può appellarsi al Parlamento dicendo che quell'opinione era scaturita da una verifica o da una interrogazione parlamentare e in quel caso può non essere processato, anche se, come puntualmente mi ricorda, "Anche in questo caso la Magistratura può andare avanti lo stesso perché può chiedere alla Corte Costituzionale di decidere chi ha ragione e nove volte su dieci la ragione va alla Magistratura stessa".

Entrando nel caso particolare di Nicola Cosentino aggiunge: "Io Cosentino lo conosco, naturalmente. Non so che cosa abbia fatto in Campania (ma io non ci credo, ndr), se le accuse che gli sono rivolte sono fondate o meno. Ho rispetto e fiducia nella Magistratura che sta indagando e nell'ispettore di Napoli".

Dice inoltre di "aspettare la sentenza definitiva di condanna" e che "la Costituzione Italiana prevede il principio della presunzione di innocenza"; "Magari dopo uno, due o tre anni si scopre che è tutto archiviato però nessuno lo sa" (nota: archiviazione vuol dire mancanza di prove sufficienti, ergo il caso può sempre essere riaperto).

Fatto sta che il quesito rimane ancora aperto: Perché il Parlamento ha rigettato l'autorizzazione a procedere nei confronti di Nicola Cosentino, parlamentare italiano su cui pende un mandato di arresto per riciclaggio di rifiuti tossici?

Passando ai tagli alle forze dell'ordine, ha confessato che questi tempi sono duri per tutti, e che anche il suo Ministero ha ricevuto dei tagli che sono stati però compensati grazie ai sequestri alle mafie: 18 miliardi di euro. Nel fondo unico giustizia hanno versato ad oggi 2 miliardi e 500 milioni da "utilizzare per comprare le auto, pagare la benzina, eccetera eccetera".

Mi viene da domandarmi dove siano finiti i rimanenti 15 miliardi e 500 milioni e soprattutto mi balza alla mente la notizia per cui la squadra Catturandi che arrestò Provenzano non abbia ancora ricevuto gli stipendi straordinari legati all'operazione.


All'interno della domanda ho citato anche lo scudo fiscale per evidenziare come la tracciabilità dei pagamenti, ora introdotta per legge negli appalti per l'Expo Milano 2015, non fosse presente e permettesse così a chiunque, evasore semplice o mafioso, di rimpatriare capitali sporchi. Maroni è sincero: "Lo scudo fiscale appartiene a una misura straordinaria che è stata fatta in quasi tutti i paesi europei: è stata fatta in Germania, in Inghilterra e in Francia (veramente in Germania no, ndr)"; "Sono scelte opinabili naturalmente. Il governo italiano ha deciso questa scelta che è stata criticata e che ha pro e contro. Come tutte le cose non esiste la verità assoluta, non viviamo nell’iperuranio ma viviamo sulla terra che è contaminata dal bene e dal male. Ci sono decisioni che devono essere prese e che sono opinabili e che in quella situazione rappresentano la soluzione migliore o la meno peggio. Qui bisognava capire come far rientrare i soldi per finanziare le attività produttive e per evitare che in Italia succedesse quello che è successo in Grecia. Avete visto nei mesi scorsi cosa è successo in Grecia? ci sono stati dei morti anche nelle manifestazioni di piazza. Nulla di tutto ciò è avvenuto in Italia anche grazie a queste misure che ripeto sono criticabili ma tutto sono tranne che un favore ai criminali".

In pratica considera lo scudo come un buon compromesso tra onestà e disonestà per dare respiro a un paese economicamente in crisi. Una scelta delle "meno peggio", anche se non si può dire che non favorisca le mafie: i soldi all'estero derivati da traffico di cocaina potevano essere rimpatriati pagando una multa del 5% e rimanendo nell'anonimato. Maroni evidentemente non ha una visione molto chiara delle procedure dello scudo fiscale.

Mi è piaciuta la sua determinazione nell'affermare quanto segue: "Quello che ho chiesto e ottenuto come garanzia è che il mio lavoro venga lasciato fare così come lo stiamo facendo. Finché questo sarà possibile farlo io continuerò e se domani dovessi accorgermi che c’è qualcuno che cerca di mettermi i bastoni tra le ruote io smetto subito di farlo denunciando il fatto". E ancora: "Non bisogna sottovalutare né drammatizzare. Non viviamo in una provincia dove le cose vengono fatte funzionare dalla criminalità organizzata. Teniamo gli occhi aperti"; "La camorra, la ndrangheta e la mafia qui sono presenti per fare gli affari e il nostro compito e il nostro obiettivo è quello di mandarli tutti in galera".


Durante l'incontro, avvenuto presso il Teatro Santuccio di Varese, erano presenti anche il capo della polizia Antonio Manganelli e il capo generale dei carabinieri Leonardo Gallitelli. Tutti hanno detto che il modo migliore per affiancare le istituzioni nella lotta alla criminalità è: "Condividere un sistema di regole costruito da persone perbene".


Io ci sto. La palla, ora, a loro.

lunedì 25 ottobre 2010

La logica di Marchionne

L'altra sera ho ascoltato con particolare interesse il dialogo avvenuto a Che tempo che fa tra il conduttore Fabio Fazio e l'amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne.
L'analisi scaturita della situazione economica mondiale rispetto a quella Italiana mi ha fatto subito chiedere: è possibile che la medesima persona, lo stesso Sergio Marchionne, venga lodato per il suo lavoro e per la sua costanza dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, mentre in Italia sia fatto oggetto di polemiche da parte di esponenti politici, istituzionali e sindacati?
Ne ho discusso con mio padre, imprenditore lombardo. Egli condivide la logica dell'amministratore delegato per cui se una realtà economica non funziona è poco utile fare sì che prosegua. In altri termini, è d'accordo sulla visione di Marchionne riguardante l'impossibilità di gestione di uno stabilimento dove tre lavoratori decidono di manifestare bloccando così l'intera produzione di 1200 operai per un giorno intero. Ciò produce un danno incalcolabile, se poi si aggiunge che all'utile dell'azienda non partecipa in alcun modo la parte Italiana, che è in perdita e che si trova al centodiciottesimo posto su centotrentanove per efficenza del lavoro e al quarantottesimo per competitività del sistema industriale.
Marchionne ha definito gli episodi di manifestazioni "anarchici". Non considera possibile la democrazia e il dialogo tra le parti se queste si attaccano testardamente ai propri diritti e non sono disposti a trattare per riuscire a colmare il divario che ci separa dal resto dell'Europa.
"In base alla partita di calcio che veniva trasmessa, il 50% degli operai si assentava in malattia". Così non va. Se da una parte ci si lamenta della crisi imperante, dall'altra è necessario che ognuno si rimbocchi le maniche. Del resto, un piccolo stabilimento Polacco produce più di un grande stabilimento Italiano, e questo vuol dire che da qualche altra parte la voglia effettiva c'è.
Papà mi faceva notare come nel corso del 1900 siano fortemente migliorati i sistemi dei sindacati e a loro volta i diritti che ne conseguono. Ha evidenziato inoltre come talvolta il lavoratore medio italiano sia arrogante, barricandosi dietro i propri diritti e facendone un uso improprio: "Se un operaio non si presenta in ditta e dichiara di essere in malattia, qualora non venisse trovato in casa dalla visita legale viene subito licenziato. Non si scherza con il lavoro" aggiunge parlandomi in modo diretto.
"In Cina si produce di più perché non esistono i sindacati né tantomeno i diritti: o lavori alle loro condizioni, o non mangi. E' per questa enorme differenza di modelli che non riusciamo a far fronte ai Cinesi. Serve un equilibrio: se dalla loro parte debbono aumentare i diritti in modo da poter produrre in maniera equilibrata, dalla nostra parte è necessario saperci metterci in gioco e accettare patti tra lavoratori e datori di lavoro per l'uscita dalla crisi e la ripresa".
E mi viene in mente la proposta delle tre pause da dieci minuti al posto delle due da venti proposta proprio ieri sera dall'ad Fiat, rendendomi conto di non aver mai considerato, da quando si parla di crisi, che per uscire da una tale situazione è necessario il lavoro di tutti, e non è sufficiente pretendere e basta.
"Bisogna fare sacrifici. Tutti", conclude papà.

venerdì 15 ottobre 2010

Nostri dipendenti

Non sarebbe la prima volta che il nostro presidente del Consiglio ribadisca che, essendo stato eletto dalla volontà popolare, abbia come sua facoltà il dovere di fare tutto ciò che a lui pare necessario proprio in virtù di quella che lui considera fedeltà dei cittadini riposta nelle sue mani.

Eppure a ben vedere il sistema elettorale Italiano, dall'ultima riforma del 2005, prevede che i cittadini possano votare il partito ed esprimere una preferenza per il candidato, ma che siano i membri appartenenti ai partiti, in sede di Commissione elettorale, a nominare i membri dei seggi in proporzione ai voti ottenuti alle elezioni. Questo vuol dire che noi cittadini non abbiamo un potere decisionale assoluto circa chi si sederà tra i banchi del nostro Parlamento.

Questa mancanza di espressione diretta, in una democrazia quale la nostra che è già indiretta (non si legifera con i referendum o con iniziative popolari, come in Svizzera, ma sono i nostri Parlamentari che, in funzione di nostri "delegati" decidono, in teoria, nel nostro interesse)
rischia di causare degli indesiderati quanto squallidi "cambi di casacca" al momento del voto di una particolare legge. Si pensi al recente voto di fiducia al governo: 100 parlamentari (cento, porca miseria!) hanno cambiato posizione politica rispetto a quella professata dal partito di cui farebbero parte.

Ma torniamo al nostro Presidente del Consiglio. Egli, tra le varie funzioni che gli spettano, deve proporre dei Ministri che vengono poi eletti dal Presidente della Repubblica. I Ministri sono componenti di governo.

La parola Ministro, nel senso etimologico del termine di "minus", inferiore, delinea una figura che stia al di sotto di chi lo elegge. In parole più concrete, i ministri sono nostri dipendenti.
Come Catone è ministro di Dio e si occupa della gestione del Purgatorio Dantesco, così i ministri di ogni stato debbono occuparsi della corretta gestione e corretto funzionamento della cosa pubblica per conto nostro. Noi deleghiamo codeste persone affinché intraprendono le scelte migliori per noi e per il nostro futuro, che mettiamo nelle loro dirette mani.

E quando sento parlare di sprechi, di cattiva gestione, di problemi dei ministri stessi con la giustizia, questo mi fa davvero arrabbiare.
Sono persone importanti, nella loro inferiorità d'ufficio (loro devono rispondere a noi, non il contrario) e devono essere esemplari, pulite ed efficienti.

Voglio riportare degli esempi.
Guardate al ministro dell'ambiente: Stefania Prestigiacomo: ha di recente autorizzato le trivellazioni petrolifere nel nostro Mar Mediterraneo, purché siano a 5 km dalla costa (se il petrolio fuoriuscirà, arriverà...lentamente).
O il ministro della difesa, Ignazio La Russa: decide di voler armare i nostri caccia (che si vanno ad aggiungere agli elicotteri, già armati) per sostenere un intervento militare in Afghanistan il cui scopo è creare la pace.
Il ministro della giustizia invece, che è Angelino Alfano, è stato indagato dalla procura di Roma per abuso d'ufficio (poi archiviato).
Oppure il ministro dell'Interno Roberto Maroni è stato condannato in via definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale (morse una caviglia a un agente, a quanto pare).
Il ministro per le riforme istituzionali, Umberto Bossi, è stato condannato per reato di vilipendio alla bandiera Italiana (la stessa del paese che serve!).

Cosa ne pensate? Io ritengo che se un nostro dipendente non è adatto vada licenziato. Mandato a casa, sostituito con uno migliore, più in gamba, che lavori e non faccia il contrario di quello che deve fare, ovvero guadagnare il meglio per il proprio paese.

Perciò quando incontrate un ministro, quando lo vedete al telegiornale, guardatelo dall'alto verso il basso, e ricordatevi che lui è un vostro dipendente. Analizzate il suo operato e, qualora non soddisfi le giuste esigenze del popolo di cui fate parte, domandategliene gentilmente il conto.