
L'altra sera ho ascoltato con particolare interesse il dialogo avvenuto a Che tempo che fa tra il conduttore Fabio Fazio e l'amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne.
L'analisi scaturita della situazione economica mondiale rispetto a quella Italiana mi ha fatto subito chiedere: è possibile che la medesima persona, lo stesso Sergio Marchionne, venga lodato per il suo lavoro e per la sua costanza dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, mentre in Italia sia fatto oggetto di polemiche da parte di esponenti politici, istituzionali e sindacati?
Ne ho discusso con mio padre, imprenditore lombardo. Egli condivide la logica dell'amministratore delegato per cui se una realtà economica non funziona è poco utile fare sì che prosegua. In altri termini, è d'accordo sulla visione di Marchionne riguardante l'impossibilità di gestione di uno stabilimento dove tre lavoratori decidono di manifestare bloccando così l'intera produzione di 1200 operai per un giorno intero. Ciò produce un danno incalcolabile, se poi si aggiunge che all'utile dell'azienda non partecipa in alcun modo la parte Italiana, che è in perdita e che si trova al centodiciottesimo posto su centotrentanove per efficenza del lavoro e al quarantottesimo per competitività del sistema industriale.
Marchionne ha definito gli episodi di manifestazioni "anarchici". Non considera possibile la democrazia e il dialogo tra le parti se queste si attaccano testardamente ai propri diritti e non sono disposti a trattare per riuscire a colmare il divario che ci separa dal resto dell'Europa.
"In base alla partita di calcio che veniva trasmessa, il 50% degli operai si assentava in malattia". Così non va. Se da una parte ci si lamenta della crisi imperante, dall'altra è necessario che ognuno si rimbocchi le maniche. Del resto, un piccolo stabilimento Polacco produce più di un grande stabilimento Italiano, e questo vuol dire che da qualche altra parte la voglia effettiva c'è.
Papà mi faceva notare come nel corso del 1900 siano fortemente migliorati i sistemi dei sindacati e a loro volta i diritti che ne conseguono. Ha evidenziato inoltre come talvolta il lavoratore medio italiano sia arrogante, barricandosi dietro i propri diritti e facendone un uso improprio: "Se un operaio non si presenta in ditta e dichiara di essere in malattia, qualora non venisse trovato in casa dalla visita legale viene subito licenziato. Non si scherza con il lavoro" aggiunge parlandomi in modo diretto.
"In Cina si produce di più perché non esistono i sindacati né tantomeno i diritti: o lavori alle loro condizioni, o non mangi. E' per questa enorme differenza di modelli che non riusciamo a far fronte ai Cinesi. Serve un equilibrio: se dalla loro parte debbono aumentare i diritti in modo da poter produrre in maniera equilibrata, dalla nostra parte è necessario saperci metterci in gioco e accettare patti tra lavoratori e datori di lavoro per l'uscita dalla crisi e la ripresa".
E mi viene in mente la proposta delle tre pause da dieci minuti al posto delle due da venti proposta proprio ieri sera dall'ad Fiat, rendendomi conto di non aver mai considerato, da quando si parla di crisi, che per uscire da una tale situazione è necessario il lavoro di tutti, e non è sufficiente pretendere e basta.
"Bisogna fare sacrifici. Tutti", conclude papà.
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