domenica 21 novembre 2010

Essere e apparire onesti

Nel paese in cui il quotidiano Il Giornale indice una raccolta firme contro Roberto Saviano che parla di mafia e non, magari, una raccolta firme contro la mafia (la cosa è divertente, infatti suona così: "Invia anche tu la tua firma per dire a quel totem ricco di Roberto Saviano che non sei mafioso"), e in cui il ministro dell'Interno Roberto Maroni si indigna perché lo stesso scrittore denuncia, basandosi su atti e inchieste giudiziarie, che la 'ndrangheta tenta di interloquire con la Lega al nord, Lucia Annunziata, conduttrice di In mezz'ora su Rai Tre, decide di intervistare su vari temi riguardanti la legalità proprio lui, il ministro dell'Interno, e di chiedergli in particolar modo un parere circa la recente notizia della conferma di condanna per mafia a Dell'Utri, che ora si appella alla Cassazione, avendo già ricevuto la sentenza in primo, secondo grado e in appello (i tre "momenti" di un processo).
Maroni, che sui processi ai parlamentari aveva già ricevuto una domanda da parte mia ad ottobre di quest'anno (nello specifico l'oggetto era Cosentino, accusato di riciclaggio illegale di rifiuti tossici e camorra), ha ripetuto a disco rotto la stessa risposta che allora diede a me: "Ricordo che la nostra Costituzione prevede la presunzione di innocenza, pertanto sino alla fine del processo, tutte le opinioni e i fatti sottolineati dai giornali rientrano nella categoria del processo mediatico".
Visto che si tratta di una risposta ricorrente (Sia con me, sia con Lucia Annunziata ha voluto limitarsi all'osservare un principio costituzionale), questa volta vorrei fare di più: proporgli qui di seguito un discorso che nel 1989 pronunciava, di fronte agli studenti, Paolo Borsellino, da me condiviso appena dopo averlo letto, riportato nel libro "Promemoria", di Marco Travaglio:
"L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del genere altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto. Il sospetto dovrebbe indurre soprattutto i partiti politici quantomeno a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati".

martedì 16 novembre 2010

Sconfiggere i draghi

La prima cosa che colpisce studiando il fenomeno del sistema mafioso è che ancor prima di essere considerato un fenomeno criminale, è descritto come un' organizzazione di potere.
Le mafie sono forti poteri con forti regole, come ricordava molto bene ieri sera Roberto Saviano.

La loro esistenza non si basa tanto sulle attività illecite e criminali: quelli sono gli effetti. Le mafie esistono perché si alleano e collaborano con funzionari di Stato, politici e strati sociali della popolazione. Senza queste preziose alleanze, che spianano le strade e semplificano le operazioni in qualunque campo le mafie decidano di operare, esse si indeboliscono e muoiono.

Grazie al lassismo e agli interessi personali, lo Stato coadiuva la mafia.
Non stupirà quindi che in merito all'uccisione di Giovanni Falcone oggi non si parli più di strage mafiosa, bensì di un assassinio da parte della mafia e di apparati deviati dello Stato, che insieme collaborarono perché l'opera andasse a buon fine.

Se le mafie nascono verso la fine del 1700 e nei primi del 1800, collocabili geograficamente nel Sud Italia, nel 2010 esse hanno allungato i loro chilometrici tentacoli andando a estendere il loro raggio operativo al resto dell'Italia, all'Europa e al mondo intero. Solo la 'Ndrangheta opera in più di quaranta paesi.

Non si deve accogliere con stupore la notizia per cui determinate organizzazioni mafiose stiano investendo, ad esempio, in Lombardia. A dispetto delle dichiarazioni di personaggi autorevoli in campo politico, la mafia certifica la propria esistenza in queste zone. E' già avvenuta una guerra tra di loro in seno alla Lombardia. Ricordava sempre Saviano, ieri sera, della recente morte di chi ha tentato di staccarsi dalla madre meridionale.

E' per questo che è necessario evitare di allontanare mentalmente l'idea di un male che sia radicato lontano da noi. La mafia non è il padrino che - stuzzicadente alla bocca e pistola in mano - chiede il pizzo alla salumeria di Palermo. La mafia è l'impresa edile che costruisce strade, palazzi, linee ferroviarie e case. La mafia è potere economico. E' soldi liquidi. E' la mutazione tumorale dell'imprenditoria.

Accolgo con dispiacere, quindi, la critica che il Ministro dell'Interno rivolge a Roberto Saviano, a seguito della seconda puntata di Vieni via con me, secondo cui non sarebbe vero che la mafia si arricchisca grazie alla collaborazione con la Lega.
Roberto Maroni cade nell'errore di voler allontanare, come ho appena detto, il fenomeno mafioso relegandolo a un fenomeno meridionale, che non tocca il coerente movimento Leghista. Eppure, guardando alle condizioni di esistenza di un'organizzazione mafiosa, il legame politico è necessario.
Non la Lega, dunque, ma nel senso di non solo lei.

La mafia non è di destra né di centro né di sinistra. E' di chi collabora. E' di chi afferma, come fece Gianfranco Miglio, politico italiano e padre fondatore del Movimento Leghista, che: "Io sono per il mantenimento anche della mafia e della 'ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos'è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un'assurdità. C'è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate".

D'altra parte è notizia del 2009 che la 'Ndrangheta sarebbe la prima azienda Italiana per fatturato e che contribuisca in modo discreto al Pil Italiano. Siamo assuefatti di Mafia a tal punto che non riusciamo neanche più a riconoscerla. La allontaniamo semplicemente dal nostro immaginario.

Ammazziamo il problema mentalmente, così come si scaccia una mosca che dà fastidio.
Dichiariamo che il nostro partito non collabora con la Mafia, lavandocene le mani dagli altri. Maroni, in qualità di Ministro dell'Interno, non si indignerebbe se la Mafia collaborasse anche solo con altri partiti? Si sentirebbe in pace se la Mafia proliferasse ma non grazie alla Lega? Bella soddisfazione.


Marco Travaglio, vicedirettore de Il Fatto Quotidiano, scrive oggi che nonostante tutto il popolo Italiano si configura come migliore della sua classe dirigente politica.

Qualche ora prima, Roberto Saviano conclude il suo monologo dando precise indicazioni riguardanti la lotta alla mafia: fare ognuno il proprio lavoro, poliziotto e artigiano, banchiere e tabaccaio in maniera sentita e onesta.

mercoledì 10 novembre 2010

Fini dei giochi

Se, come ricordava l'altra sera Roberto Benigni a Vieni via con me, cantando le proprietà di Berlusconi, il presidente del Consiglio abbia ancora intenzione di conquistare il Colle diventando, tra tre anni, Presidente della Repubblica (magari con poteri rafforzati), vale la pena spendere qualche parola sull'attuale situazione politica Italiana.
Il discorso dell'altro giorno di Fini a Bastia Umbra ha scosso le colonne della Seconda Repubblica, facendo cadere polvere e creando vistose crepe. Dalle sue parole non si torna più indietro. Il leader di Futuro e Libertà per l'Italia ha definitivamente rotto i vecchi equilibri e lascia il campo aperto a nuovi scenari.
Dal canto suo propone che il Presidente del Consiglio rassegni le dimissioni e si passi a un altro governo che escluda la Lega e apra le porte all'Udc.
Dal canto di Silvio Berlusconi rassegnare le dimissioni appare come un ostacolo pericoloso che va a porsi tra lui e l'obiettivo che vuole raggiungere e che ho appena menzionato.

Se quindi da un lato è in ballo il gioco delle responsabilità (Fini: deve essere Berlusconi ad annunciare la crisi di governo; Berlusconi: deve essere Fini a sfiduciarmi) dall'altro la posta in gioco è davvero alta: i progetti politici, giudiziari ed economici del presidente del Consiglio andrebbero in fumo.
Con nuove elezioni, il trend sarebbe questo: Calo per Pdl e salita per Lega (12%) e neonato Fli (5%, dati Ipr).
Risultato: crollo della figura di leader per Silvio Berlusconi.
Nelle peggiori delle ipotesi il governo durerà per un po' di tempo, andando "sotto" in sede di votazioni che vedono contrario Fli (ne abbiamo avuto un assaggio lunedì, con il Governo battuto tre volte in Parlamento), ma continuando a latitare senza avere la voglia di effettuare le riforme necessarie al popolo (si è visto fino a ora) né la possibilità di fare le leggi a favore della singola personam o di un gruppo ristretto di personas (idem).

In questi anni, a causa della assenza del limite tra interessi legati alla sfera pubblica e interessi legati alla sfera privata presente nella figura del Presidente del Consiglio (e non mi riferisco ai casi legati alle sue abitudini di vita, bensì agli interessi economici), abbiamo visto una poderosa opera di privatizzazione (appunto) della giustizia con l'annullamento di determinati reati (come il falso in bilancio) o la creazione di leggi, anche temporanee, che garantissero l'incolumità a determinati processati (legittimo impedimento o Lodo Alfano).
Lo scopo della discesa in campo del Cavaliere appare sempre più chiaro. Ne è una prova il fatto che in tempi di crisi, dove Obama tenta disperatamente di comunicare agli americani delusi gli effetti e i risultati del suo operato in ambito economico, da noi si parla ancora solo e unicamente di prostitute o vicende legate alle vita personale delle persone.

Fini ha posto un freno alla privatizzazione della politica Italiana, cominciata da Craxi ai suoi tempi con le tangenti e ben proseguita dal Berlusconismo. Una privatizzazione che probabilmente sarebbe proseguita ancora per molto tempo e che forse ancora non è giunta al suo termine.
Non si conoscono ancora gli sviluppi cui andremo incontro.
Anche se alcune agenzie di stampa parlano già del governo con il participio passato, tutto è ancora da decidere.
L'egemonia di Berlusconi sembra al tramonto e probabilmente non riuscirà a raggiungere l'obiettivo prefissato: la presidenza della Repubblica e un sistema politico Italiano fortemente privatizzato e "personale".

Di due cose si dovrà tenere conto: le future alleanze politiche e la pazienza dei cittadini che andranno a votare, magari non influenzati da un monopolio dei mezzi informativi che pesa tutto da un lato e con la possibilità di scegliere direttamente i propri rappresentanti.



(Per la stesura di questo post ho letto il libro Berlusconi, di Paul Ginsborg. Mi ha fornito preziose informazioni a riguardo)

domenica 7 novembre 2010

L'omeopatia del cambiamento

"Siete davvero sicuri di voler ridare le chiavi della macchina a chi l'ha gettata nel burrone?" Con Questa frase il presidente Americano Barack Obama ha accompagnato la campagna delle Politiche di Midterm 2010. A quanto traspare dai risultati, sembrerebbe che la risposta sia uno sconfortante "sì".
Sorge spontaneo chiedersi perché in appena due anni dall'ultima elezione l'elettorato Americano abbia così pesantemente deciso di virare a destra. Anche se il Senato rimane in mano ai Democratici (53 seggi contro 46), la vera sconfitta si è giocata alla Camera: 187 seggi Democratici ma 239 seggi Repubblicani.
Quegli stessi Repubblicani accusati dagli elettori del 2008 di aver causato due guerre senza fine, la crisi economica e di non aver assistito le classi più disagiate oggi sono rieletti alla guida di uno dei due rami del Congresso.
Io credo che questo fenomeno sia da far risalire a tre cause:
1- La popolazione si aspettava il miracolo. La campagna Democratica del 2008 era fortemente incentrata sulla Speranza e sul cambiamento, e le persone ci credettero. Ora, a distanza di due anni, anche se la macchina governativa si è messa in moto, questo cambiamento non risulta ancora tanto tangibile. In altre parole gli elettori hanno voluto intraprendere un cammino senza pensare che magari i tempi sarebbero stati anche lunghi. Non vedendo grossi risultati, hanno abbandonato subito la nave. Eppure nel discorso di insediamento alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama era stato molto chiaro: "Forse ci vorrà solo un mandato, forse due affinché potremo uscire dalla tempesta".

2- I Repubblicani, dal canto loro, hanno sfruttato l'ambiente creato dal loro operato. Usando la crisi per incutere timore e paura alle folle, si sono assicurati il voto dei conservatori e degli elettori "di sinistra" scontenti e in difficoltà. Ai Repubblicani sono state versate anche ingenti somme di denaro per finanziare le loro campagne elettorali. Questo a dimostrazione del fatto che le grandi multinazionali e le lobby, e non i cittadini semplici, traggono beneficio dai Repubblicani, che vorrebbero l'estensione della Bush Tax Cuts a tutta la popolazione, compresi i ricchi. Obama invece vorrebbe che i ricchi (reddito superiore a 250.000 dollari) paghino più tasse e i poveri meno. Ovvero vorrebbe che i contributi vengano versati in base alle possibilità di ognuno, causando l'avversità dei grandi gruppi industriali.

3- Il cambiamento è omeopatico. Un medicinale omeopatico sfrutta il pathos omoios, la "sofferenza simile". Ovvero, per risolvere una malattia impiega più tempo di un medicinale allopatico in quanto stimola la guarigione attraverso l'esposizione alla malattia nel malato. E' un po' come i cerottini per smettere di fumare: in quel caso viene messa in circolo nicotina in quantità sempre minori in modo che l'assuefazione da nicotina svanisca pian piano. Dare sempre meno vino a un ubriaco, per intenderci.
Così il cambiamento: un miracolo sociale è difficilmente realizzabile, a maggior ragione in tempi limitati. La popolazione non capisce questo. Deve dare tempo al tempo e anche soffrire e saper guadagnarsi il meglio.
Sarà per questo che la medicina omeopatica è vista con scetticismo: non dà subito risultati, ma nel tempo, strutturando una soluzione efficace e definitiva.
Uno dei peggiori fenomeni a livello politico è il repentino cambiamento di colore nelle amministrazioni. Questo comporta un continuo cambiamento di programmi e una conseguente inconcludenza di qualsiasi processo. La psicologia umana invece prevede l'abbandono di ciò che non vede funzionare, magari solo all'apparenza. Nessuno ruba, ad esempio, un cellulare vecchio in bianco e nero. Eppure le sue funzioni sono attive: telefona e invia messaggi di testo.

In una partita così importante come quella del voto politico, è giusto che le persone non si fermino mai alla superficialità. Nel sacro momento in cui si va ad apporre una croce sopra il nome del proprio partito è giusto che il singolo elettore si senta investito di un compito immane, importantissimo e carico di estreme conseguenze.
E' per questo che deve essere informato di ogni possibile causa ed effetto.
Sta scegliendo il futuro della sua nazione.