
Nel paese in cui il quotidiano Il Giornale indice una raccolta firme contro Roberto Saviano che parla di mafia e non, magari, una raccolta firme contro la mafia (la cosa è divertente, infatti suona così: "Invia anche tu la tua firma per dire a quel totem ricco di Roberto Saviano che non sei mafioso"), e in cui il ministro dell'Interno Roberto Maroni si indigna perché lo stesso scrittore denuncia, basandosi su atti e inchieste giudiziarie, che la 'ndrangheta tenta di interloquire con la Lega al nord, Lucia Annunziata, conduttrice di In mezz'ora su Rai Tre, decide di intervistare su vari temi riguardanti la legalità proprio lui, il ministro dell'Interno, e di chiedergli in particolar modo un parere circa la recente notizia della conferma di condanna per mafia a Dell'Utri, che ora si appella alla Cassazione, avendo già ricevuto la sentenza in primo, secondo grado e in appello (i tre "momenti" di un processo).
Maroni, che sui processi ai parlamentari aveva già ricevuto una domanda da parte mia ad ottobre di quest'anno (nello specifico l'oggetto era Cosentino, accusato di riciclaggio illegale di rifiuti tossici e camorra), ha ripetuto a disco rotto la stessa risposta che allora diede a me: "Ricordo che la nostra Costituzione prevede la presunzione di innocenza, pertanto sino alla fine del processo, tutte le opinioni e i fatti sottolineati dai giornali rientrano nella categoria del processo mediatico".
Visto che si tratta di una risposta ricorrente (Sia con me, sia con Lucia Annunziata ha voluto limitarsi all'osservare un principio costituzionale), questa volta vorrei fare di più: proporgli qui di seguito un discorso che nel 1989 pronunciava, di fronte agli studenti, Paolo Borsellino, da me condiviso appena dopo averlo letto, riportato nel libro "Promemoria", di Marco Travaglio:
"L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del genere altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto. Il sospetto dovrebbe indurre soprattutto i partiti politici quantomeno a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati".