giovedì 30 settembre 2010

Dialogo sull'aborto

Premettendo che esistono due tipi di aborti, quello naturale e quello volontario, e cercando di ragionare in particolare su quest'ultimo, ho letto sull'enciclopedia libera della rete (Wikipedia) nozioni interessanti che hanno dato adito a una altrettanto interessante discussione con una persona che con la vita ci ha avuto a che fare in quanto l'ha creata per due volte: mia madre.

Sei favorevole o contraria all'aborto causato?
E' proprio una gran bella domanda. Devo essere sincera e dirti che a distanza di quarantaquattro anni (la sua età, ndr) non sono ancora in grado di prendere parte a uno dei due schieramenti. E' un argomento talmente grande e complesso che non è facile darti una risposta.

Ho letto che ai giorni d'oggi troviamo due grandi movimenti che trattano il tema dell'aborto: il cosiddetto movimento "pro life", che crede che il feto abbia già caratteristiche proprie e di conseguenza abbia già conquistato il diritto alla vita, e il movimento "pro choice", ovvero gli abortisti, che credono nella libertà di scelta da parte della madre e ritengono inoltre di dover legalizzare l'aborto causato in modo da contrastare efficacemente quello clandestino, che è molto più pericoloso.
Ecco, è proprio questo il punto: la legalizzazione. Ripeto che l'argomento è decisamente complesso, ma credo che la legalizzazione dell'aborto volontario porti a una conseguente "svalutazione" del valore della vita. Temo che molte donne, vedendo questa attività resa possibile dalla legge, vengano meno alle loro responsabilità e abortiscano senza troppi problemi, con eccessiva naturalezza.
Io credo che debba essere comune un forte senso di responsabilità, che porti le persone a compiere le proprie scelte consapevoli degli effetti che andranno a causare. Vedi, non è una questione puramente "legale": qui si parla di vita e di morte. Chi può stabilire per legge sulla vita di una persona?
Vita e morte vanno al di là della legge. Fanno parte della spiritualità di ognuno di noi. Non si possono ridurre ad articoli legislativi.

E infatti la legge Italiana (legge 194, ndr) prevede che l'aborto causato si possa effettuare entro i primi novanta giorni dal concepimento, e soprattutto solo in casi in cui è messa a rischio la vita della donna, o il feto sia gravemente malformato, o addirittura che la donna non abbia possibilità economiche. Insomma bisogna giustificare l'aborto.
Sì, ma chi giustifica? Chi decide della validità o meno di un motivo che spinge una donna all'aborto? Si rischia di cadere, come dicevo prima, in un'eccessiva indifferenza delle scelte.
Io credo che invece ci debba essere un forte appoggio nei confronti di una donna che sceglie la via dell'aborto. Un appoggio costante e intenso che non deve costringere l'individuo a una determinata scelta, ma che sia un sostegno morale che accompagni, che renda la donna pienamente consapevole di ciò che sta andando a compiere. Una consapevolezza che ha a che vedere con il proprio spirito. Una donna, così come si assume le responsabilità della vita di una creatura, così si deve assumere le responsabilità della morte di una creatura.

Per legge è inoltre prevista la possibilità di affidare il bambino all'ospedale che, mantenendo la donna nell'anonimato, provvederà all'adozione del bambino stesso.
Questa è una buona notizia perché potrebbe risolvere il problema degli aborti clandestini. Ma credo che serva più chiarezza e più organizzazione da un lato, e, dall'altro - anche in questo caso - il richiamo alla consapevolezza delle scelte. Il bambino si porterà con sé il "rifiuto", l' "abbandono". Questo non influisce di certo sulle sue possibilità durante la vita, ma a livello karmatico lascia il segno. Perciò è necessario che a monte ci sia una scelta effettuata con decisione e cognizione di causa.

In Olanda è attivo il movimento Women on Waves, ovvero "Donne sull'onda". Questa associazione promuove l'utilizzo della pillola con la finalità di disincentivare l'aborto clandestino. Su una barca, posta in acque internazionali nelle vicinanze di nazioni in cui l'aborto causato è vietato, pratica questa attività di assunzione della pillola.
Ecco, la pillola: noi conosciamo la Ru486. Questa pillola ha la caratteristica innovativa di poter essere assunta senza il ricovero ospedaliero. Fa diventare l'aborto una sorta di attività "fatta in casa", grazie all'assunzione di una sostanza che blocchi il testosterone e una seconda che provochi contrazioni uterine per l'espulsione della sostanza.
Io sono contraria a questi tipi di sostanza. Piuttosto preferisco un aborto controllato in ospedale, con il metodo del raschiamento, ma così è troppo rischioso. L'assistenza ospedaliera è assolutamente necessaria. Non sono operazioni semplici: si tratta di annullamento di una vita. Anche dal punto di vista psicologico, la donna deve essere supportata costantemente anche dopo l'aborto. Perché dopo un tale gesto si sente vuota fisicamente ma anche moralmente.
Si sente incapace, fallita e può cadere in forti stati depressivi. Non si può risolvere tutto con una pillola che mandi giù.
Sono contraria alla pillola Ru486 anche perché, come per i vaccini, gli utilizzatori diventano delle cavie. Anche in questo rientra in gioco la responsabilità. Ma lo sai quanti bambini hanno acquisito danni cerebrali permanenti dopo una vaccinazione? Chi paga per questo errore?
Non possiamo essere parte di un esperimento, e questa pillola lo è. E' per questo che non la considero come una soluzione.
Una volta ho letto un'intervista a una donna che aveva abortito con questo metodo, ovvero con la pillola Ru486. Ha testimoniato ripercussioni fortemente dolorose sul fisico dapprima e nella psiche poi. Ha sofferto molto e non se lo aspettava, e questa sua esperienza l'ha portata ad arrabbiarsi con sé stessa. Anche lei sostiene che le donne debbano sapere a cosa vanno in contro, con l'aborto.
Io quell'intervista non la dimentico e se la trovo te la faccio leggere, se ne hai voglia.

martedì 21 settembre 2010

Il tempo della speranza


Lunedì 20, nel Newseum di Washington, Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tenuto, in diretta tv, una conversazione dal titolo "Investing in America", di tema economico, con un gruppo di lavoratori americani, studenti e imprenditori.

Mi ha colpito l'intervento di una donna afro-americana che ha detto: "Sono stanca di difenderti, di difendere la tua amministrazione, l'idea di cambiamento per cui ho votato. Mi hanno detto che ho votato per un uomo che stava per cambiare le cose in maniera significativa per la classe media, e io sto aspettando, sto aspettando signore. Non lo sento ancora questo cambiamento".

Un trentenne poi ha domandato al presidente: "E' dunque finito per me questo sogno americano?".

E' la delusione e la paura a prevalere nelle loro parole, e non a torto. La crisi in America è ancora molto forte e nonostante una serie di stimoli economici, che hanno potuto salvare circa 750 mila posti di lavoro tra aprile e giugno 2010, il tasso di disoccupazione è ancora molto elevato.

La speranza che portò Barack Obama alla Casa Bianca due anni fa sembra erodersi lentamente.
Le persone ci credono sempre di meno, poiché non vedono risultati tangibili.

Anche se qualche miglioramento sta avvenendo, l'America non è ripartita del tutto e non tutti hanno acquisito di nuovo il posto di lavoro, o proprio non ne hanno uno.

A queste persone il Presidente americano ha risposto, con una limpidezza incredibile: "Il mio obiettivo qui non è convincervi che ogni cosa sia dove è necessario che sia. Ma sto dicendo che ci stiamo muovendo nella giusta direzione".

I dati tecnici diffusi dal sito recovery.gov fanno pensare bene, e allo stesso tempo le parole di Obama sono molto apprezzabili. La sincerità, si sa, non basta, ma per lo meno aiuta.
Il Presidente conferma il fatto che la via intrapresa è quella giusta, ma è necessario del tempo per risolvere la situazione creatasi in precedenza. Quella famosa situazione di cui parlavo nel post precedente.
Bisogna rimboccarsi le maniche e mantenere la speranza.

Ma la domanda che rimane è: Quanto dura il tempo di una speranza?

venerdì 17 settembre 2010

Nuovi metodi di comunicazione

Quando al nuovo iPhone 4 hanno aggiunto una fotocamera frontale e la possibilità di effettuare videochiamate con connessione wi-fi, tramite l'applicazione FaceTime, ero un po' titubante: era mai possibile che l'innovazione più evidente su uno strumento come quello fosse la videochiamata?
Voglio dire: per chiamare uso le chiamate voce, per sentire qualcuno uso gli sms e a volte gli MMS.
Perchè utilizzare la videochiamata?

Poi, facendo quattro conti, ho pensato che effetivamente siamo abituati a vecchi metodi di comunicazione. Per di più costosi.
Per un sms si spendono in Italia 0,15 €, le tariffe per le chiamate non sono tra le più economiche e navigare sul web da tablet su rete 3G costa 15,00 € al mese.
Ma non con il wi-fi.
Il wi-fi è gratis. Zero costi.
Ecco la rivoluzione: un nuovo metodo comunicativo che permetta alle persone di tenersi in contatto visivo e sonoro in qualsiasi posto del mondo senza far spendere nulla. Ci pensa il wi-fi.
Lo stesso per navigare sul web.

Già alcune applicazioni permettono di inviare sms gratis.

E allora mi chiedo: perché in Italia la diffusione della rete senza fili è minima? E perché non si investe in uno strumento simile?
Sembra che al di fuori del monopolio di poche grandi aziende della comunicazione (peraltro assai costose) non ci siano altre possibilità.

Voglio dire, ognuno può avere la propria rete domestica, ma quando si è fuori casa? In città, in piazza, in autostrada: non c'è wi-fi gratis. Al limite lo trovi in qualche negozio.
Perché siamo uno dei pochi paesi in Europa in cui i metodi di comunicazione sono ancora vecchi e costosi?
Il telefono della nonna comincia a inquietarmi.
Volete mettere? La condivisione in tempo reale di immagini, pensieri e parole aumenta la circolazione di informazioni, rafforza l'economia, fa guadagnare tempo (e quindi a volte anche denaro), unisce le persone.

E' davvero stupefacente. Anzi, come lo definiscono i creatori della Apple, rivoluzionario.

giovedì 16 settembre 2010

Elezioni di mid-term 2010


Ho visitato gran parte dei siti web delle campagne elettorali dei candidati al Senato, alla House e come governatori. L'ho fatto in vista delle elezioni di mid-term di Novembre e devo dire che ho notato una cosa davvero particolare:
Mentre i siti blu dei Democratici spingono all'ottimismo e al proseguimento dei lavori intrapresi, i siti rossi Repubblicani violentano i visitatori con dati e numeri e immagini talvolta psichedeliche che sembrano avere l'intento di far cadere le sicurezze circa il lavoro svolto dall'amministrazione Obama. Lavoro, peraltro, che secondo i grafici pubblicati dal sito whitehouse.org certifica una chiusura dell'emorragia di posti di lavoro e impronta un netto miglioramento sui dati di sviluppo. Questo in modo particolare dopo la approvazione del famoso Recovery Act: un pacchetto che prevede, fra l'altro, una serie di stimoli economici che puntino alla ripresa. Il pacchetto prevede inoltre la diminuzione delle tasse per la Middle Class (che secondo l'attuale amministrazione deve diventare "strong", per far sì che anche l'America sia "strong") e l'aumento per le grandi industrie e per i "ricchi".
Allora perché incutere il terrore nei cittadini americani? Perché definire Obama un "hopeless"?
Lui, che punta molto sul "believe" e preferisce il "yes, we can" al "no, we can't", non ha niente a che vedere con i pessimismi di una destra che pare non stia proponendo, ma si stia limitando a bloccare e criticare. Proprio oggi il Presidente americano denuncia un ulteriore tentativo di opposizione dei Repubblicani alla legge sulla "middle class tax cut".
Che la paura sia più forte del sentimento della speranza? Possibile. La crisi non dà speranza. La speranza è soggettiva mentre il terrore è universale.
Ma pensiamoci: non è che i numeri pessimistici spacciati dai Repubblicani in realtà corrispondono alla situazione a cui erano arrivati durante la fine della "Bush era", e non quelli risultanti dal lavoro intrapreso dal nuovo governo?
E' possibile che i repubblicani stiano, in realtà, fondando la loro campagna sull'accusa del loro stesso fallimento?

mercoledì 15 settembre 2010

Eccoli


Penso di sera, perché di giorno ascolto, studio e leggo, quindi accumulo.
E tutto quello che accumulo poi lo assimilo e lo riverso in questa pagina sotto forma di pensieri e ragionamenti. Di sera. Alla fine della giornata, quando e se possibile.
Eccoli qui.
Ecco i miei Pensieridisera.