
Premettendo che esistono due tipi di aborti, quello naturale e quello volontario, e cercando di ragionare in particolare su quest'ultimo, ho letto sull'enciclopedia libera della rete (Wikipedia) nozioni interessanti che hanno dato adito a una altrettanto interessante discussione con una persona che con la vita ci ha avuto a che fare in quanto l'ha creata per due volte: mia madre.
Sei favorevole o contraria all'aborto causato?
E' proprio una gran bella domanda. Devo essere sincera e dirti che a distanza di quarantaquattro anni (la sua età, ndr) non sono ancora in grado di prendere parte a uno dei due schieramenti. E' un argomento talmente grande e complesso che non è facile darti una risposta.
Ho letto che ai giorni d'oggi troviamo due grandi movimenti che trattano il tema dell'aborto: il cosiddetto movimento "pro life", che crede che il feto abbia già caratteristiche proprie e di conseguenza abbia già conquistato il diritto alla vita, e il movimento "pro choice", ovvero gli abortisti, che credono nella libertà di scelta da parte della madre e ritengono inoltre di dover legalizzare l'aborto causato in modo da contrastare efficacemente quello clandestino, che è molto più pericoloso.
Ecco, è proprio questo il punto: la legalizzazione. Ripeto che l'argomento è decisamente complesso, ma credo che la legalizzazione dell'aborto volontario porti a una conseguente "svalutazione" del valore della vita. Temo che molte donne, vedendo questa attività resa possibile dalla legge, vengano meno alle loro responsabilità e abortiscano senza troppi problemi, con eccessiva naturalezza.
Io credo che debba essere comune un forte senso di responsabilità, che porti le persone a compiere le proprie scelte consapevoli degli effetti che andranno a causare. Vedi, non è una questione puramente "legale": qui si parla di vita e di morte. Chi può stabilire per legge sulla vita di una persona?
Vita e morte vanno al di là della legge. Fanno parte della spiritualità di ognuno di noi. Non si possono ridurre ad articoli legislativi.
E infatti la legge Italiana (legge 194, ndr) prevede che l'aborto causato si possa effettuare entro i primi novanta giorni dal concepimento, e soprattutto solo in casi in cui è messa a rischio la vita della donna, o il feto sia gravemente malformato, o addirittura che la donna non abbia possibilità economiche. Insomma bisogna giustificare l'aborto.
Sì, ma chi giustifica? Chi decide della validità o meno di un motivo che spinge una donna all'aborto? Si rischia di cadere, come dicevo prima, in un'eccessiva indifferenza delle scelte.
Io credo che invece ci debba essere un forte appoggio nei confronti di una donna che sceglie la via dell'aborto. Un appoggio costante e intenso che non deve costringere l'individuo a una determinata scelta, ma che sia un sostegno morale che accompagni, che renda la donna pienamente consapevole di ciò che sta andando a compiere. Una consapevolezza che ha a che vedere con il proprio spirito. Una donna, così come si assume le responsabilità della vita di una creatura, così si deve assumere le responsabilità della morte di una creatura.
Per legge è inoltre prevista la possibilità di affidare il bambino all'ospedale che, mantenendo la donna nell'anonimato, provvederà all'adozione del bambino stesso.
Questa è una buona notizia perché potrebbe risolvere il problema degli aborti clandestini. Ma credo che serva più chiarezza e più organizzazione da un lato, e, dall'altro - anche in questo caso - il richiamo alla consapevolezza delle scelte. Il bambino si porterà con sé il "rifiuto", l' "abbandono". Questo non influisce di certo sulle sue possibilità durante la vita, ma a livello karmatico lascia il segno. Perciò è necessario che a monte ci sia una scelta effettuata con decisione e cognizione di causa.
In Olanda è attivo il movimento Women on Waves, ovvero "Donne sull'onda". Questa associazione promuove l'utilizzo della pillola con la finalità di disincentivare l'aborto clandestino. Su una barca, posta in acque internazionali nelle vicinanze di nazioni in cui l'aborto causato è vietato, pratica questa attività di assunzione della pillola.
Ecco, la pillola: noi conosciamo la Ru486. Questa pillola ha la caratteristica innovativa di poter essere assunta senza il ricovero ospedaliero. Fa diventare l'aborto una sorta di attività "fatta in casa", grazie all'assunzione di una sostanza che blocchi il testosterone e una seconda che provochi contrazioni uterine per l'espulsione della sostanza.
Io sono contraria a questi tipi di sostanza. Piuttosto preferisco un aborto controllato in ospedale, con il metodo del raschiamento, ma così è troppo rischioso. L'assistenza ospedaliera è assolutamente necessaria. Non sono operazioni semplici: si tratta di annullamento di una vita. Anche dal punto di vista psicologico, la donna deve essere supportata costantemente anche dopo l'aborto. Perché dopo un tale gesto si sente vuota fisicamente ma anche moralmente.
Si sente incapace, fallita e può cadere in forti stati depressivi. Non si può risolvere tutto con una pillola che mandi giù.
Sono contraria alla pillola Ru486 anche perché, come per i vaccini, gli utilizzatori diventano delle cavie. Anche in questo rientra in gioco la responsabilità. Ma lo sai quanti bambini hanno acquisito danni cerebrali permanenti dopo una vaccinazione? Chi paga per questo errore?
Non possiamo essere parte di un esperimento, e questa pillola lo è. E' per questo che non la considero come una soluzione.
Una volta ho letto un'intervista a una donna che aveva abortito con questo metodo, ovvero con la pillola Ru486. Ha testimoniato ripercussioni fortemente dolorose sul fisico dapprima e nella psiche poi. Ha sofferto molto e non se lo aspettava, e questa sua esperienza l'ha portata ad arrabbiarsi con sé stessa. Anche lei sostiene che le donne debbano sapere a cosa vanno in contro, con l'aborto.
Io quell'intervista non la dimentico e se la trovo te la faccio leggere, se ne hai voglia.