Punto di vista funziona così: andiamo a vedere cosa accade, e poi lo scriviamo anche qui. Cultura, politica, attualità e mondo.
giovedì 29 dicembre 2011
Antitrust vs Apple - Facciamo i conti
venerdì 23 dicembre 2011
l'occupazione di Milano Centrale: "Il lavoro è la nostra dignità"
#OccupyFs - Le ragioni della protesta
domenica 4 dicembre 2011
Le lacrime del ministro
Tremonti reloaded
La lettera è interessante perché è abbastanza comica. Per almeno due motivi: il primo - l'aspettativa (quasi sempre tradita, nel tempo) di un cittadino sull'abilità di un politico, almeno retorica, è alta, mentre qui è tradita subito; secondo - da un uomo con incarichi così importanti ci si aspetta molta serietà oltre che una buona dose di competenza nell'organizzazione di un settore così delicato come l'economia e la finanza. Perché di fatto ne era ministro e quindi era - in linea di massima - la persona migliore che potesse essere incaricata dal partito o comunque un buon "dipendente" (ministro = minus = inferiore, alle dipendenze di) del popolo che sapesse amministrare bene i conti. Nella lettera spiega:
Ho commesso illeciti? Per quanto mi riguarda, sicuramente no. Ho fatto errori? Sì, certamente. In primo luogo, se qualcosa posso rimproverarmi, vi è il fatto di non aver lasciato prima l'immobile. L'ho fatto in buona fede. [...]. Come scusante rispetto a quelli che Sergio Romano (giornalista del Corriere, ndr) definisce un "errore di giudizio" od un "peccato di distrazione", posso solo portare l'impegno durissimo in questi anni non facili, su tanti fronti.
Ma davvero non ha commesso illeciti? In teoria no, cioè sì, li ha commessi: l'articolo 1 comma 346 della Finanziaria 2005 prevede l'obbligo di registrazione di tutti i contratti di locazione nonché dei contratti di godimento; È poi divertente (ma si fa sempre per dire) leggere che un ministro attribuisca la causa dei suoi errori alla "buona fede" e al fatto che, poiché questi anni sono difficili, dedica un durissimo impegno su tanti fronti. Un errore può scappare, insomma, nessuno è perfetto: tra l'altro siamo italiani. Perfetti no, certo, ma a rischio default sì.
giovedì 1 dicembre 2011
Piazza Tahrir 2
Ciao Ahmed, stiamo assistendo in questi giorni a scene terribili in Egitto e Piazza Tahrir si dimostra ancora come un luogo di protesta e repressione sanguinosa. Perché?
La Giunta Militare ha annunciato di aderire ai principi da approvare in costituzione da parte dell'Assemblea Popolare. Il significato di questi principi è chiaro: l'esercito ha la più alta autorità nel paese.
Cosa sta accadendo?
Le persone si sono sentite tradite e hanno deciso di uscire per esprimere il loro dissenso riguardo l'approvazione del documento. Sono rimaste tristemente sorprese dal fatto che l'esercito uccida la gente, come accadeva con il precedente governo.
Cosa pensi che possa accadere nei prossimi giorni?
Questa vicenda si ripercuoterà su tutti i partiti politici e su tutte le sezioni del popolo.
sabato 12 novembre 2011
Punto. A capo?
venerdì 12 agosto 2011
David Cameron: "Impedire di comunicare tramite questi siti internet"
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Foto di Wired.it |
giovedì 4 agosto 2011
Transparency, la politica inglese apre le porte ai cittadini
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La sezione Transparency |
sabato 18 giugno 2011
Anche in Italia è arrivata la primavera democratica

venerdì 17 giugno 2011
Tutti in piedi

mercoledì 1 giugno 2011
Nascita della mafia tra leggenda e documenti storici

La leggenda vuole che la mafia nasca molto lontano nello spazio e nel tempo. Nei primi anni del 1400 in Spagna venne fondata un’associazione criminale nota con il nome di Garduña. Era una vera e propria società segreta dedita alla rapina, al sequestro di persona e agli “omicidi su commissione”. Da Toledo, cuore della Penisola iberica, attorno al 1412 si staccò una piccola cellula costituita da tre fratelli uniti da legame di sangue. Erano i cavalieri Osso, Mastrosso e Carcagnosso, spinti alla fuga dopo che ebbero lavato nel sangue l’onore della sorella, violata da un signorotto locale. Giunsero a Favignana, al margine più occidentale della Sicilia, di fronte a Trapani.
Osso, legato particolarmente a San Giorgio, si fermò nell’isola e fondò la mafia. Carcagnosso, protetto da San Michele, si diresse in Calabria e fondò la ‘ndrangheta. Infine Mastrosso, devoto alla Vergine Maria, si spinse temerariamente in Campania e fondò la camorra. Tutti e tre impartirono regole ferree a queste nuove organizzazioni, e stabilirono i rispettivi codici segreti, cominciando a fare proselitismo e a reclutare nuovi affiliati. Fu il leggendario inizio, legato a storie che affondano le radici in profondi valori quali l’onore, il rispetto e la nobiltà d’animo.
La prima occasione storica in cui venne utilizzato il termine “mafia” ebbe luogo nel 1865, in forma scritta, con un rapporto del capo procuratore di Palermo Filippo Antonio Gualtiero. L’Italia era politicamente unificata da cinque anni (1) e fu questo il periodo in cui i ceti dirigenti cominciarono a ricevere notizie dettagliate riguardanti la società del Meridione. Furono redatti numerosi rapporti e inchieste che descrissero la psicologia sociale e la situazione economica delle regioni di un Sud arretrato e fondamentalmente ancora feudale. Particolarmente celebre fu un’inchiesta (2) del 1877 pubblicata da Leopoldo Franchetti (3) in collaborazione con Sidney Sonnino (4).
Il testo delinea la vera natura della mafia ai suoi albori.
Come il Franchetti constatò, il fenomeno criminale è originato da un preciso substrato culturale costituito da una diffusa mentalità che manca del concetto di una legge e di un’autorità che rappresenti e procuri il vantaggio comune (5). In altre parole la società Siciliana era basata su vincoli strettamente famigliari più che su vere leggi riconducibili a un’organizzazione politica. E’ accaduto a più di un rappresentante dell’autorità che rifiutava un favore richiestogli di sentirsi rispondere: “Lo faccia per amor mio”.
In sintesi, tutti i rapporti tra individui erano ricondotti a un interesse puramente personale che escludeva la società nel suo insieme. Quest’organismo sociale genera fedeltà e amicizia tra gli uguali e devozione da inferiore a superiore, ovvero dà luogo a rapporti clientelari patrono-cliente. Tale rapporto è ben definito da James C. Scott nel 1972 (6), in occasione di uno studio sul cambiamento politico nel Sud-est asiatico: “Può essere definito come un caso speciale di rapporto diadico (fra due persone) che implica un’amicizia largamente strumentale e in virtù della quale un individuo di uno status socioeconomico più elevato (patrono) usa la sua influenza e le sue risorse per procurare protezione e benefici, o entrambe le cose, a una persona di status inferiore (cliente); questi, da parte sua, ricambia offrendo al patrono appoggio generale e assistenza, ivi compresi servizi personali”.
Franchetti espose lo stesso concetto, con simili parole. In maniera più approfondita mise in risalto come i patroni di ogni clientela cercassero di arruolare ogni forza, fosse essa costituita da malfattori o da rappresentanti del potere giudiziario e politico. Meglio tutte e due. In questo modo era molto facile aiutare gli uni a sfuggire alle ricerche della giustizia e gli altri ad affermare il controllo sul territorio. Uno degli aspetti più paradossali delle mafie era e rimane tutt’oggi proprio quello di collaborare con categorie sociali spesso antitetiche tra loro. I metodi attraverso cui cominciarono a stipulare alleanze con le parti furono vari: il controllo e l’influenza sugli organi giudiziari comportava la conseguente affiliazione alla clientela del malfattore assolto o fatto evadere; la corruzione, l’inganno e l’intimidazione servivano a tessere rapporti con la politica e gli organi di giustizia.
Descrivendo propriamente il termine “mafia” scrisse così: quelle vaste unioni di persone d’ogni grado, d’ogni professione, d’ogni specie, che senza aver nessun legame apparente, continuo e regolare, si trovano sempre unite per promuovere il reciproco interesse, astrazione fatta da qualunque considerazione di legge, di giustizia e di ordine pubblico.
Franchetti analizzò anche le immediate conseguenze di tale fenomeno, sottolineando come un siffatto stato delle cose portasse all’immancabile espansione territoriale e numerica di queste entità. In altri termini le varie clientele si sfidarono in vere e proprie gare personali che portarono a grandi divisioni partitiche. Questo fenomeno accrebbe il desiderio e la volontà di controllo dei territori e dei Comuni locali. La mafia entrò nella politica amministrativa del luogo trasformando il patrimonio comunale in patrimonio personale e utilizzando le leggi, la cui esecuzione era affidata proprio alle autorità locali, come armi attraverso cui praticare vantaggi per se stessa.
Venne a crearsi una vera e propria scala sociale, all’interno della quale ciascuno occupava il rispettivo gradino. In basso, ancora una volta, finirono i contadini, esposti com’erano alle prepotenze di ognuno. Essi non possedevano ricchezze e l’unica improbabile difesa che possedevano era rappresentata dalle leggi. A tal proposito si riporta un esempio.
A un impiegato Piemontese addetto alla riscossione della tassa sul macinato capitò di giungere in Sicilia e di assistere all’omicidio di un uomo. Subito si precipitò a denunziare il fatto. Dopo pochi giorni le colpe vennero fatte ricadere direttamente su di lui e venne arrestato in veste d’imputato accusato di aver commesso l’omicidio. S’istruì contro di lui e furono trovate testimonianze a suo carico. Sul punto di essere condannato intervenne fortunatamente l’Autorità superiore che, avvertita per tempo, rimise sulla giusta strada il processo. Alla fine l’impiegato fu trasferito per sottrarlo al pericolo di essere assassinato. Il motivo era questo: in Italia denunciare un assassino veramente colpevole è infamia.
NOTE
- Ad eccezione di Roma e Veneto;
- L. Franchetti, Condizioni politiche e amministrative della Sicilia, Vallecchi, Firenze 1925, pagine 44-49;
- Leopoldo Franchetti (1847-1917) Politico italiano, economista, filantropo, studioso meridionalista e senatore del Regno d’Italia;
- Sidney Sonnino (1847-1922) Politico italiano, presidente del Consiglio dei ministri del Regno (1906 e 1910);
- In corsivo il testo riportato;
- James C. Scott, Natura e dinamica della politica clientelare nell’Asia sud-orientale, in Paul Ginsborg, Salviamo l’Italia, Giulio Einaudi Editori, Torino 2010, pagina 95;
martedì 31 maggio 2011
Varese al voto
Questa nota è stata pubblicata su Facebook il giorno 13 maggio 2011.
Non lo nascondo: vedere le anziane signore in centro a Varese che rifiutano i volantini del "Partito dell'amore" (citazione) mi ha strappato un sorriso, forse di speranza.
Tra due giorni cominciano le elezioni a Varese. Pur non abitandoci, spero che possano affermarsi due persone: Alexander Mayer, vent'anni, Sinistra Ecologia e Libertà, e la candidata nella lista del Movimento Cinque Stelle, Federica D'Elia, che va all'ultimo anno di istituto tecnico ITPA, diciannove anni. Con la speranza di giovane cambiamento. Mentre Umberto Bossi e Ignazio La Russa, passeggiando per Corso Matteotti, si scambiano battute da buontemponi, sorseggiando un caffè e una Coca-Cola ("Lui è un porcone", dice il primo al secondo, e giù le risate dei militanti) e Fontana, dal suo sito, sciorina con foga tutte le belle cose realizzate in questi anni, questi ragazzi si dannano per dire la loro, proporre idee, impastarsi le mani diprogetti, affermare: "Ci siamo, adesso proviamo noi". Valore aggiunto? L'inesperienza di chi si mette in gioco. Passato prossimo contro futuro semplice.
E' di Gandhi l'affermazione: "In democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica". E allora guardateli, da capo a piedi. Osservate gli sguardi, gli atteggiamenti, i vestiti; Cogliete la differenza tra una cravatta e una kefiah. Ascoltate le loro affermazioni e leggete quello che scrivono su Facebook, e ditemi chi vi piacerebbe che progettasse il vostro prossimo futuro in
città.